E’ stato un tempo in cui ogni libro che usciva era vestito di giallo. Qualunque fosse l’argomento centrale, dal potere all’amicizia, dalla politica all’inquinamento, quasi sempre il pretesto per raccontarlo era metterci dentro un omicidio e qualcuno che indaga. Il giallo è ancora il colore dominante in libreria, ne abbiamo parlato anche di recente con Paolo Roversi. Però da un po’ di tempo a questa parte, soprattutto tra i giovani autori, emerge con forza il tema dell’amore. Mi ci ha fatto pensare Andrea Donaera qualche tempo fa e in effetti tra le cose più interessanti che ho letto ultimamente ci sono storie d’amore. Penso a Gianmarco Perale, a Vincenzo Latronico, ad Andrea Donaera appunto, a Spatriati di Mario Desiati, fino a Ragazza senza prefazione di Luca Tosi che è il protagonista di questo numero.
Anche in questa new wave l’amore si fa pretesto per parlare magari d’altro, dalla famiglia alla solitudine, dalla provincia al lavoro, dalle dipendenze alla spiritualità. Tutto visto attraverso la lente dei rapporti sentimentali. E così, come accadde al giallo di passare da genere di serie B a genere dominante, così accade al genere “rosa” di passare da “romanzo di poca cosa” a romanzo di tanta roba.
E’ stato un tempo in cui ogni libro che usciva era vestito di giallo. Qualunque fosse l’argomento centrale, dal potere all’amicizia, dalla politica all’inquinamento, quasi sempre il pretesto per raccontarlo era metterci dentro un omicidio e qualcuno che indagava. Il giallo è ancora il colore dominante in libreria, ne abbiamo parlato anche di recente con Paolo Roversi. Però da un po’ di tempo a questa parte, soprattutto tra i giovani autori, emerge con forza il tema dell’amore. Mi ci ha fatto pensare Andrea Donaera qualche tempo fa e in effetti tra le cose più interessanti che ho letto ultimamente ci sono storie d’amore. Penso a Gianmarco Perale, a Vincenzo Latronico, ad Andrea Donaera appunto, a Spatriati di Mario Desiati, fino a Ragazza senza prefazione di Luca Tosi che è il protagonista di questo numero. Anche in questa new wave l’amore si fa pretesto per parlare magari d’altro, dalla famiglia alla solitudine, dalla provincia al lavoro, dalle dipendenze alla spiritualità. Tutto visto attraverso la lente dei rapporti sentimentali. E così, come accadde al giallo di passare da genere di serie B a genere dominante, così accade al genere “rosa” di passare da “romanzo di poca cosa” a romanzo di tanta roba.
Prima dell’intervista a Luca Tosi, ecco i libri di questo mese.
Spatriati - Mario Desiati (Einaudi)
Una storia d’amore è appunto il pretesto per parlare di tanto altro. Lei è una ribelle in fuga da una Puglia asfissiante, lui non riesce a staccarsi dalle sue radici e rivelarsi per quello che è. Lei scappa a Londra, poi Milano, poi Berlino. Lui resta e continua ad amarla con la devozione di sempre, poi finalmente la raggiunge e...
Un romanzo scritto con grande abilità. Lenta, dilatata e castigata la parte pugliese, ritmata, frenetica e trasgressiva la parte berlinese. Tra i favoriti (forse il favorito) dai bookmaker al Premio Strega. Non è anche il mio favorito, ma sicuramente un libro che è stato bello leggere. Mi è piaciuto molto anche il lungo post scriptum in cui Desiati spiega fatti, personaggi, dischi e libri che compaiono tra le pagine del racconto.
Roberto Mercadini - L’ingegno e le tenebre (Rizzoli)
Roberto Mercadini è il più grande affabulatore italiano vivente. Su YouTube è una personalità ormai affermata da anni, ma per farti conquistare del tutto devi vederlo dal vivo. Nei suoi monologhi riesce a cavare fuori un racconto avvincente ed emozionante anche da una mela o da una bottiglietta di plastica. Poi ci sono i libri, in cui di solito mette bene per iscritto il suo entusiasmo per i particolari insoliti e poco noti, la sua passione per le storie incredibili ma vere. Per lo meno, ne La bomba atomica gli era riuscito alla grande. Il nuovo L’ingegno e le tenebre, in cui racconta di Michelangelo e Leonardo, l’ho solo iniziato e devo dire che promette bene. Particolarmente consigliata in questo caso la versione audiolibro.
Sofia veste sempre di nero - Paolo Cognetti (Minimum Fax)
Paolo Cognetti è l’autore di Otto montagne, romanzo che ha vinto lo Strega e che lo ha consacrato presso il grande pubblico. Molto meno noto è questo suo libro del 2017, una raccolta di 10 racconti indipendenti e autonomi, che però tutti insieme compongono l’affresco di un personaggio femminile indimenticabile.
Lo ripropongo perchè Cognetti era tornato a scrivere di Sofia in un racconto (erotico) apparso su ‘tina. In pratica l’undicesimo tassello, anche questo autonomo e indipendente, che arricchiva ulteriormente l’affresco su Sofia.
Più o meno la stessa cosa ha fatto Luca Tosi, che ha regalato alla rivista di Matteo B. Bianchi un racconto incentrato su Marcello, lo stesso protagonista del suo romanzo d’esordio. E mi pare davvero una bella idea mandare in giro i propri personaggi riusciti da un romanzo ad un racconto, o da un libro a una rivista.
Luca Tosi - Ragazza senza prefazione (TerraRossa)
Romanzo d’esordio molto breve, quanto la storia d’amore tra Marcello, il protagonista, e la sua Lei. Una storia che (non) si consuma nell’arco di una sola notte e poi rimane lì, tutta nella testa di chi la racconta, la rievoca, la rimpiange. Intanto tutto intorno c’è una Santarcangelo di Romagna che più provinciale non si può, genitori che rompono ma che in fondo sono brave persone, amici che fanno quello che possono, lavori da cui scappare prima che sia troppo tardi.
Nelle cose che scrive Tosi si sente forte e chiara l'influenza di Paolo Nori, ma non solo lui. C’è tutta la tradizione di scrittori dell’Emilia Romagna, dai grandi poeti di Santarcangelo che Tosi rivendica, di Tondelli, di Benati e Cavazzoni, passando secondo me anche per Dente, il cantautore.
Da leggere assolutamente, così come l’intervista a Tosi che trovate qui sotto.
Prefazione.
Luca Tosi è uno scrittore classe 90 di Santarcangelo, anche se vive a Bologna ormai da qualche anno. Il 24 marzo è uscito il suo romanzo d’esordio “Ragazza senza prefazione” di cui ho parlato qui sopra. Un romanzo in forma molto breve (un’ottantina di pagine) che infatti qualcuno definisce racconto lungo o novella. Quello che state per leggere è il risultato dell’intervista che mi ha concesso su Meet la settimana scorsa.
Sei al tuo romanzo d’esordio, ma scrivi e pubblichi già da un po’, anche in realtà importanti.
«Ho cominciato ad inviare le cose che scrivo nel 2017 e in questi anni sono state pubblicate un po’ in tutto l’ecosistema della riviste web, da Minimia&Moralia a Verde, da ‘tina a Blam, e tante altre, compresa una serie di racconti che pubblico su Futura del Corriere della Sera».
A ‘tina e al ruolo di Matteo B. Bianchi nel tuo percorso ci arriviamo. Raccontaci però ora la gestazione di questo libro, che è stata piuttosto lunga e complessa.
«L’ho scritto nel 2018, era lungo quasi il doppio. Ho passato un lungo periodo a tagliare varie parti fino a raggiungere la dimensione attuale. Il problema è che così come piaceva a me, non convinceva molto gli editori. In diversi, anche editori importanti, erano interessati alla pubblicazione, ma mi chiedevano di allungare. Mi sarebbe bastato tirare fuori la versione originale e sarebbe uscito, ma sinceramente non mi andava, non mi convinceva».
Ed è a questo punto che entra in gioco Matteo B. Bianchi, che tu infatti ringrazi alla fine del libro.
«Gli ho scritto all’inizio del 2020. Neppure lo conoscevo, ma sono un lettore accanito di ‘tina. E lui addirittura mi propose di far uscire il mio romanzo come numero monografico della sua rivista, una cosa mai fatta prima. Poi si è messo in mezzo il Covid e abbiamo dovuto rinunciare, non ci piaceva l’idea di farlo uscire senza poterlo presentare e portarlo in giro».
Poi però?
«Nel frattempo avevo scoperto il catalogo dell’editore Terrarossa, che aveva pubblicato un testo di 80 pagine, Binari di Monica Pezzella. Sono entrato in contatto con Giovanni Turi che per fortuna lo ha apprezzato e lo ha voluto pubblicare».
Ti sei trovato bene con questo editore?
«Molto, trovo che facciano un lavoro molto importante. Scelgono di pubblicare pochi libri durante l’anno ma a quei pochi stanno parecchio dietro».
L’autostima non è il tuo forte. Leggo sul tuo blog: “la mia scrittura non mi piace. Mi sembra sempre che sia zoppa, un po’ di quello e un po’ di quell’altro, un po’ insipida un po’ salata, un po’ gonfia un po’ stretta, un po’ nuova un po’ vecchia, un po’ bella un po’ brutta”.
«Soprattutto in quel periodo lì che ti dicevo, l’autostima era scesa sotto terra. Sentivo che stavo perdendo tempo, ero demotivato. Io poi sono uno che ci sta tanto sopra le cose e sentivo che dopo un po’ non potevo più permettermelo, stavo combattendo una guerra contro nessuno. Tra l’altro mi stavo anche allontanando un po’ dalla scrittura».
Ora che finalmente il tuo libro è uscito e sta andando molto bene le cose cambiano.
«Una bella accoglienza, da subito, e mi fa molto piacere. Ho anche avuto la notizia di essere stato selezionato per il Campiello. Per carità, percorso lungo che magari non porterà da nessuna parte, ma è già bello esserci. L’editore ha scelto di presentare il libro in anteprima al Book Pride di Milano e forse anche questo ha smosso la curiosità, sono arrivate subito tante recensioni positive, poi sai il passaparola.. devo dirti che è anche straniante avere così tante attenzioni tutte insieme dopo un lungo periodo di niente»
Quando si parla di te viene spontanea l’associazione con Paolo Nori. Come la vivi?
«La riconosco, ci sta, credo si debba soprattutto alla nostra terra di provenienza. Da lettore all’inizio leggevo soprattutto autori americani. Poi mi sono spostato sui russi. Ad un certo punto mi sono posizionato sugli emiliani, che secondo me nella letteratura stanno esattamente a metà. Quindi Nori, ma anche Cavazzoni e altri. Ho approfondito la conoscenza di Raffaello Baldini, che è uno dei tre grandi poeti di Santarcangelo insieme a Tonino Guerra e Nino Pedretti e lì ho scoperto di avere questa lingua in comune. Mi sono accorto che partendo dal dialetto, riuscivo ad esprimere un pensiero fluido che immediatamente riversavo sulla carta. Insomma all’improvviso scrivere mi veniva facile. Così è nata questa voce e così è nato il personaggio di Marcello che è il protagonista di Ragazza senza prefazione»
Un altro riferimento che nasce spontaneo leggendo le tue cose: Vittorio Tondelli.
«Assolutamente sì. E posso dirti che durante la fase di editing del libro, mi mancavano delle parole per chiudere dei passaggi, e mi sono ispirato molto ad “Altri libertini” e “Pao Pao” che in quel periodo stavo rileggendo»
In comune tra te e Paolo Nori c’è anche che siete rimasti tra i pochi a portare avanti un blog. Perchè lo fai?
«Sinceramente: non lo so. Uso il blog per fissare alcune letture che mi piacciono, oppure per lasciare i miei pensieri, spunti che non sono finiti altrove. Però va a periodi, ora per esempio è abbandonato da un po’».
La tua libreria del cuore dove si trova?
«Sono due, entrambe a Bologna e sono La confraternita (che recentemente ha cambiato sede e si è spostata in via Belmeloro 1/E) e Modo Info Shop. Due librerie indipendenti portate avanti da librai competenti e molto dinamici».
Eccoci al momento dei tuoi libri belli in modo assurdo. Ti chiedo:
Un libro che si legge sempre col sorriso sulle labbra?
«”Gli scrittori inutili” di Ermanno Cavazzoni».
Una storia d’amore?
«”Addio alle armi”, Hemingway».
Il libro italiano più bello letto nell’ultimo anno?
«”Gioventù che muore” di Giovanni Comisso».
Un libro di racconti?
«”Volevo essere Vincent Gallo” di Sergio Oricci».
Grazie Luca, Viva le botti piccole con dentro il vino buono.
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Sul Post il racconto di come gli editori programmano i calendari editoriali.
La morte di Valerio Evangelisti sul Manifesto, su Fumettologica, su Jacobin.
E Wired propone 10 romanzi per (ri)scoprirlo.